Ho incontrato qualcosa di appassionante nella mia vita.
Ho vissuto un’infanzia a contatto con la natura e i suoi cicli, l’erba medica, la vendemmia, il latte fresco di mungitura, i pulcini e i coniglietti. La collina proprio sopra la città, il panorama sulla pianura padana, verso l’orizzonte, a ponente. Un ambiente bucolico, ma che comprendeva anche le durezze del mestiere del contadino: quel ramo va potato, quel maiale va macellato, si miete faticando sotto il sole, si spala la neve nel silenzio ovattato dell’inverno, si bestemmia per l’attrezzo rotto.
È seguita un’adolescenza più problematica vissuta fra la scuola che offriva, purtroppo, solo alcune personalità veramente formative, le altre inducevano solo una sensazione di costrizione e di arbitrio. La situazione era alleviata, per fortuna, dalle scorribande in motorino sfidando le leggi della fisica, dall’ascolto della musica, dagli acquerelli e dalla lettura onnivora.
La malattia invalidante di mio padre che ha condizionato i ritmi e le relazioni familiari, ha contribuito a farmi approdare alla facoltà di medicina. La scelta fu quasi obbligata, per esclusione. Il mio numero di matricola palindromo era foriero di un atteggiamento bidirezionale che ha un centro nell’Uno come numero e come concetto parmenideo. Solo col tempo ho capito quanto io mi senta medico, non solo laureato in medicina.
La mia inquietudine interiore mi ha fatto incontrare la pratica dello yoga, della meditazione zen e dell’aikido, queste tre ‘vie’ sono diventate le linee su cui filano i miei pensieri e le mie attività quotidiane. Collegata a questi interessi, si è coagulata la mia attività professionale di medico ayurvedico, laureato e operante in Europa.
La relazione con dei veri maestri, B. Dash, G. Blitz e K. Toheim tre genii nelle loro scienze, mi ha fornito l’esempio e condotto a precisare il mio compito che è quello di occidentalizzare e attualizzare la tradizione medica dell’Ayurveda. La storia degli ultimi decenni e i fatti fino ad ora succeduti mi dicono che sto realizzando lo scopo che mi sono prefisso.
Come in ogni favola a lieto fine, non sono mancati ostacoli ed impedimenti esterni, ma sono stati superati e siamo andati oltre, fisicamente, mentalmente e spiritualmente. Dico ‘siamo’ perché ho trovato nella mia consorte, chimico tecnologo farmaceutico, anch’essa praticante di yoga e meditazione, un sostegno e un completamento reciproco delle nostre specificità che ci permette di realizzare quello che riteniamo un evento unico, l’Ayurveda italiana! La storia non finisce qui e la futura realizzazione del mio dharma mi vedrà impegnato a trasmettere ad altri volonterosi e coraggiosi, quanto ho appreso, sperimentato e vissuto.